21 ottobre, 2014

“La coscienza di Zeno spiegata al popolo - Goulash Blues Explosion”, di Stefano Dongetti con la regia di Paolo Rossi. Di Daria D.


Teatro Litta, Milano. Dal 16 al 26 ottobre 2014

“La vita non è né brutta né bella, ma è originale!” secondo il grande autore triestino Italo Svevo che nacque, con il nome di Aron Hector Schmitz, a Trieste nel 1861.  E originale è il modo in cui la sua “Coscienza di Zeno” scritta nel 1923  viene proposta agli spettatori, più che mai felici di far parte di quel “popolo” che, o non l’ha mai letta oppure  sentirà il desiderio di rileggerla, dopo questo  divertente e irriverente ripasso firmato dalla zampa graffiante di Paolo Rossi e di Stefano Dongetti di Pupkin Cabaret.  Perché, si sa, i classici sono eterni, e se uno spettacolo teatrale ci sprona a riprenderli in mano con occhi nuovi e altrettanta curiosità, ha senz’altro fatto centro nel suo scopo educativo e ludico.
In questo spettacolo si ride parecchio, ma in modo intelligente, è una sorta di ironico, a volte melanconico, cabaret, con musica dal vivo, blues mitteleuropeo, stand-up comedian e “vallette”, strizzacervelli e imbonitori (non è la stessa cosa? oops... ), letture di poesie, e il pubblico è coinvolto già prima di entrare in sala. Infatti, in un questionario, ci viene chiesto:

Hai mai letto la Coscienza di Zeno?

Sei un fumatore?

Hai un vizio che vorresti abbandonare?

Sei mai andato in analisi?

Cos’è secondo te il morbo di Basedow?

Cosa fa il padre di Zeno prima di morire?

E varie altre domande, dodici per la precisione e che cambieranno ad ogni replica.  Poi i questionari, anonimi,  vengono ritirati e le risposte lette pubblicamente. Come potete immaginare, sono a volte esilaranti e da esse gli attori prendono lo spunto per i temi sveviani da trattare, e lo spettacolo, man mano che procederà, svelerà le risposte corrette.
Direi che uno spirito politically incorrect, e di questi tempi è una perla rara, soffocati dai luoghi comuni, dall’ipocrisia, dalle paure vere o false, dai finti sorrisi,  scorre durante tutto lo spettacolo,  perché è proprio Svevo con il suo personaggio Zeno Cosini ad esserlo, con quella sua passione per il fumo, le idee sul matrimonio, la polemica contro la  psicanalisi, il rapporto conflittuale con il padre,   e poi l’amicizia con James Joyce che, ricordiamolo, trascorse a Trieste molti anni, tra l’insegnamento dell’inglese e la frequentazione dei bar.
Molto brava Paola Bussani che riveste vari ruoli di donna, dalla imbonitrice, alla psichiatra entraineuse che in giarrettiere e mascherina si esibisce in contorsionismi erotici sotto gli occhi del paziente Zeno sotto ipnosi,  alla cantante d’opera, alla signora di 142 anni, unica sopravvissuta al nostro eroe sveviano, alla Molly Bloom di Joyce con il suo monologo senza punti e virgole, un fiume inarrestabile che non poteva mancare  in questo excursus curioso e ben concepito nel mondo mitteleuropeo, che ebbe il suo centro culturale e politico a Trieste.
In questa città, così internazionale ma nello stesso tempo riservata e remota, nacquero oltre a Svevo, Umberto Saba, Scipio Slataper, Giani Stuparich, e lo spettacolo ha il merito di riportarceli  alla memoria. Quindi abbiamo molto da ri-leggere: avanti o popolo!
Zeno Cosini è un antieroe, immerso in una serena disperazione,  e il romanzo è la sua confessione psicanalitica attraverso la quale egli cerca di comprendere se stesso. E come tutti i grandi romanzi della letteratura è sì lo specchio del tempo in cui è collocato ma poi si allarga a macchia d’olio per diventare di una modernità  stupefacente.
E quando, uscendo dal teatro, vedo alcuni spettatori accendersi una sigaretta, sorrido e mi rallegro.
“Giacché mi fa male non fumerò mai più, ma prima voglio farlo per l’ultima volta. Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine…”  .  Quanti Zeno Cosini ci sono al mondo!

Daria D.     


La coscienza di Zeno spiegata al popolo- Goulash Blues Explosion
Di Stefano Dongetti con la collaborazione di Riccardo Cepach, Alessandro Mizzi, Paolo Rossi
Regia di Paolo Rossi
Con Paola Bussani, Stefano Dongetti, Alessandro Mizzi
Musiche Riccardo Morpurgo (piano), Franco Trisciuzzi (chitarra)

Con la collaborazione di La Corte Ospitale, Museo Sveviano del Comune di Trieste                                                                                                                                                               

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