27 settembre, 2014

“Piano Quasi Solo”, l’ultimo disco di Fabio Vernizzi. Un compositore eclettico, che sa far parlare la musica. Di Stefano Duranti Poccetti


Piano Quasi Solo” è l’ultimo disco di Fabio Vernizzi, prodotto dallo stesso pianista e compositore genovese, che attraverso dodici brani ci fa vivere il suo variegato e ricco universo sonoro, contraddistinto da una sapiente inventiva compositiva e da una tecnica pianistica espressiva e consapevole.
Il primo brano, “Infantile”, lo sento un po’ come un’eco di ricordo schumaniano, rinvenendo quei magnifici pezzi dell’ “Album per la Gioventù”. Vernizzi di certo non nasconde questa matrice romantica e la tornisce con il suo personale linguaggio, inserendo cadenze swing e modulazioni personali e decisamente espressive. Tutto ruota intorno a un tema che si ripete durante la composizione, un tema brillante e poetico, dai ricordi romantici e infine piacevole e originale.
In “Pensieri” Vernizzi s’impossessa di un altro repertorio a lui congeniale, quello dell’ “impressionismo” debussianiano e raveliano, che ravvisiamo in questo brano dal tono meditativo. Tono meditativo che se ne va con “Le strade della vita”, dove il musicista entra in contatto con gli schemi Jazz, offrendoci un brano allo stesso tempo brillante, lirico, organico in tutte le sue parti, che si sviluppa da un tema semplice ma accattivante, che poi si trasforma continuamente durante la composizione. Anche con “Niños” prosegue il discorso jazzistico del compositore e lo fa recuperando ancora il tema dell’infanzia (ispirandosi alla tragedia dei bambini brasiliani abbandonati) conducendoci verso l’altro brano “David’ Samba”, dall’andamento danzante e luminoso, dove Vernizzi dimostra veramente come sia possibile divertirsi e far divertire tramite la tastiera.
Con “Maracatù” il pianista abbandona per un attimo la sua vena compositiva, con questo brano dell’autore Egberto Gismonti, a cui vuole rendere omaggio nel suo cd. “Looptango” sancisce invece l’incontro tra il genere Jungle e il Tango, alternando melodie essenziali a melodie danzanti, dinamiche e dalla forte componente ritmica, come è tipico nel Tango. Qui si tratta più di un gioco formale, ma con “Edivad” si ritorna a una musica che non vuole essere solo musica per la musica, ma anche musica che riveste significati concettuali e filosofici. Questo brano infatti, scritto quasi in scale da primo Jazz classico, vuole parlare della vita. Come è scritto sul libretto – realizzato molto bene - è “Un brindisi di augurio al valzer della vita, il cammino nel quale si incontrano luci e ombre, tristezze e gioie”, ed è proprio per questo che questo pezzo è un gioco tra timbri più chiari e timbri più scuri, melodie più seriose, altre più rilassate. “Lqbal” (brano 9) è il protagonista del libro “Il Fabbricante di Sogni” e la storia di questo bambino, ucciso a tredici anni ed eretto a eroe di coraggio contro lo sfruttamento del lavoro giovanile, è raccontata da Vernizzi con un modo jazzistico, ma allo stesso tempo lirico, poetico, estremamente emotivamente sentito e ispirato. “Cambio Titolo” ci fa tornare a una dimensione allegra, da “Belle époque” , facendoci respirare un’atmosfera distesa e gioviale, quasi un ragtime dei nostri giorni, che Vernizzi sa veramente rendere contemporaneo e attuale.
Con “Ricordi” troviamo un musicista anche in veste di cantautore in questa poetica canzone che sembra proprio un inno alla vita: “Quante volte di ho detto ti amo, vita?”. Già, quante volte? Per saperlo bisogna sfogliare i propri ricordi e capire così tutto il nostro vissuto.
Infine, ultimo brano, abbiamo “Maya”, dove è presente la contaminazione di diversi linguaggi stilistici, come l’Etnico e il tanto già citato Jazz, diventando così la sintesi di tutto quello che fin qui abbiamo ascoltato, dove l’autore ci ha veramente dimostrato il suo grande eclettismo musicale.




Quando ci si lamenta che l’Italia non ha più compositori, bisognerebbe invece guardarci intorno e notare personalità come quelle di Fabio Vernizzi, che nel 2014 è riuscito a sfornare, producendo da solo il suo disco, un capolavoro di eclettismo sonoro e concettuale, mettendo in luce le sue grandi capacità tecniche, espressive e compositive.
Piano Quasi Solo” - registrato a Zerodieci Studios, masterizzato da Marco Canepa e che ha anche visto la collaborazione di Almamusica - non è quindi, come dice il titolo, soltanto un pianoforte solitario, ma molto di più: è un insieme di stili da cui l’autore trae il suo stile personale per parlare non solo di musica, ma anche e soprattutto di vita… già… perché la musica sa parlare, se si sa farla parlare.

Stefano Duranti Poccetti


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