04 marzo, 2014

TRA FELLINI E MARADONA, SORRENTINO TRIONFA AGLI OSCAR. Di Francesco Vignaroli


E fanno 13 per l’Italia: cominciando a contare dal 1947, anno della prima affermazione con il premio speciale -non era ancora stata istituita l’apposita categoria- a “SCIUSCIA’ ” di Vittorio De Sica (se non l’avete ancora visto, cercate di recuperarlo!), il Bel Paese conquista, con “LA GRANDE BELLEZZA”, la tredicesima affermazione ai premi Oscar, un traguardo di tutto rispetto che testimonia la considerazione di cui il nostro cinema ha da sempre goduto nel mondo, pur con qualche periodo di calo; il riconoscimento per il “Miglior Film Straniero” ci mancava infatti dal lontano 1998, con “LA VITA E’ BELLA”, quando Roberto Benigni camminò -letteralmente- sopra la teste del paludato pubblico di platea del Kodak Theatre per andare a ricevere la statuetta direttamente dalle mani di un’emozionatissima Sophia Loren (“ROBERTO!!!”).
Dagli anni ’40 in poi, non c’è stato un decennio che non abbia visto almeno un’affermazione italiana, con l’eccezione, appunto, del primo del nuovo millennio; per ritrovare un periodo di astinenza altrettanto lungo (15/16 anni) bisogna risalire agli anni ‘70/’80, quando per avere il successore di “AMARCORD” di Fellini (1974) si dovette attendere “NUOVO CINEMA PARADISO” di Giuseppe Tornatore (1989). Intendiamoci:  personalmente, non ho mai considerato i premi Oscar come la pietra di paragone assoluta del cinema, poiché, come del resto avviene in altri ambiti (ad esempio nel calcio, con il “PALLONE D’ORO”), i titoli NON SEMPRE vengono attribuiti ai migliori (decisamente più affidabili, sotto questo aspetto, i festival cinematografici europei: Cannes, Venezia, Berlino...): tanto per citare un paio di casi recenti, non ho ancora capito in base a quali meriti artistici siano stati incoronati film come “TITANIC” (1997) o “IL GLADIATORE” (2000); guardando in casa nostra, lo stesso “MEDITERRANEO” (1991) di Salvatores, pur essendo un film gradevole che si riguarda sempre volentieri, è tutt’altro che un’opera da premio Oscar -sempre a parere mio, naturalmente-. La sensazione è che, in certi casi, la scelta delle opere da premiare possa essere condizionata, anziché da criteri qualitativi, da ben più prosaiche questioni di marketing; nei casi più fortunati, come forse è quello del presente “LA GRANDE BELLEZZA”, l’arte coesiste armoniosamente con l’appeal commerciale. Ciò detto, ricollegandomi proprio a quest’ultimo concetto, non posso non riconoscere l’enorme importanza, in termini di pubblicità e potenzialità economiche, di una vetrina come quella degli Oscar, i quali, piaccia o non piaccia, esprimono l’orientamento del più grande mercato cinematografico (se la gioca, forse, con quello indiano) del mondo nonché la “voce” di una cultura di altrettanto vasta influenza. Il premio Oscar, quindi, specie per una cinematografia da anni un po’ in crisi come quella italiana, va considerato, al di là di considerazioni squisitamente artistiche e dell’indiscutibile prestigio che ammanta chi lo vince, come un’OPPORTUNITA’, un’occasione di rilancio per l’intero movimento cinematografico nazionale, e come tale va salutato con entusiasmo, nell’auspicio che una maggior attenzione da parte degli altri paesi e il conseguente arrivo di nuove risorse economiche permettano ai nostri cineasti di tornare a “pensare in grande”. Per Sorrentino, a livello personale, si è trattato del giusto riconoscimento per una crescita artistica esponenziale, che lo pone al vertice del cinema europeo contemporaneo.
A seguito, per festeggiare, ecco la lista dei “Magnifici 13” titoli italiani che hanno vinto il premio Oscar per il miglior film straniero:

1947  SCIUSCIA’ di Vittorio De Sica
1949  LADRI DI BICICLETTE di Vittorio De Sica
1956  LA STRADA di Federico Fellini
1957  LE NOTTI DI CABIRIA di Federico Fellini
1963  8 ½ di Federico Fellini
1964  IERI, OGGI E DOMANI di Vittorio De Sica
1970  INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO  di Elio Petri
1971  IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI di Vittorio De Sica
1974 AMARCORD di Federico Fellini
1989  NUOVO CINEMA PARADISO di Giuseppe Tornatore
1991 MEDITERRANEO di Gabriele Salvatores
1998  LA VITA E’ BELLA di Roberto Benigni
2014  LA GRANDE BELLEZZA di Paolo Sorrentino

Torniamo al presente, e a questa vittoria tanto attesa quanto prevista, specie dopo l’affermazione del film ai recenti “GOLDEN GLOBE AWARDS”, considerati, in maniera un po’ riduttiva, come l’anticamera dei premi Oscar: il nostro Paolo Sorrentino è andato a ritirare il premio affiancato -giustamente- dal grande Toni Servillo, la cui partecipazione al film, nel ruolo del protagonista, è stata decisiva per una vittoria che segna l’apice di un sodalizio artistico tra i più felici di sempre del cinema italiano; in un inglese a dir poco faticoso, il regista ha ringraziato le sue fonti di ispirazione, cioè i maestri, i numi tutelari che, come vedremo, a vario titolo, lo hanno guidato alla scoperta della propria poetica. Nell’ordine: Federico Fellini, citazione dovuta per uno dei più grandi registi di tutti i tempi, alla cui opera “LA DOLCE VITA” Sorrentino ha pensato nel fare il suo film, costruendo un ponte ideale tra due periodi molto diversi tra loro ma accomunati dallo stesso set d’eccezione, Roma; lo storico gruppo musicale dei TALKING HEADS (che hanno avuto il loro periodo d’oro tra la fine degli anni ’70 e i primi anni’80), in particolar modo nella persona del carismatico e illuminato leader David Byrne, guest star dell’ottimo lavoro precedente del regista, “THIS MUST BE THE PLACE” (2011), il cui titolo cita proprio la famosa canzone della band, eseguita da Byrne in una scena del film; Martin Scorsese, un vero e proprio gigante del cinema a stelle e strisce che non ha bisogno di presentazioni e dal quale il nostro regista ha tratto utili insegnamenti; ultimo, ma non per importanza -e qui Sorrentino ha sorpreso tutti, diretto interessato compreso- nientemeno che Diego Armando Maradona!





/AVVISO AI LETTORI: da questo punto in poi l’articolo prenderà una piega decisamente pallonara, quindi se siete anti-calcio potete pure fermarvi qui...\
D’accordo, avranno pesato senz’altro le origini partenopee e la correlata fede calcistica del regista, ma liquidare la questione in questo modo sarebbe assolutamente riduttivo: è lo stesso Sorrentino, durante un ‘intervista in italiano, a chiarire cosa accomuni i quattro “fari” della sua vita, indicando il filo rosso che giustifica l’accostamento di uomini apparentemente imparagonabili tra di loro: è il merito di avergli insegnato, ciascuno a proprio modo, cosa significhi “fare spettacolo”, e l’aver incluso il “Pibe de Oro” nella ristrettissima cerchia degli eletti solleva un interessante dibattito culturale, che muove da un preciso interrogativo: se lo sport è spettacolo, allora possiamo dire che lo sport sia arte? Nel caso di Maradona, non ho dubbi: sì, SI’!!! Premetto subito che NON sarò obiettivo, data la mia incondizionata fede maradoniana, ai confini dell’idolatria. Certo: anche Maradona, così come i campioni di oggi, giocava per vincere, giocava per la gloria, giocava per i soldi; ma giocava anche per la gente, divertendo e divertendosi, regalando gioia, allegria, esaltazione, perfino momenti di pura poesia calcistica. Ho sempre trovato inutile, o meglio, insensato, l’eterno dilemma su chi sia stato il più grande calciatore di tutti i tempi tra Pelé e Maradona. Se parliamo del calciatore più vincente della storia, dell’archetipo del campione ideale, allora Pelé non ha rivali: parlano per lui le cifre stratosferiche dei record ottenuti nel corso della sua longeva e straordinaria carriera (i 3 mondiali vinti, gli oltre 1000(!) gol segnati, ecc…). Ma Maradona è stato qualcosa di “altro”, di “oltre”: un prodigio inspiegabile, un virtuoso assoluto fuori da ogni regola o schema, un essere unico, irripetibile e inclassificabile, la cui immensità e particolarità gli hanno garantito già in partenza la certezza di sfuggire ad ogni tentativo di classificazione o comparazione con altri. Per lui bisognerebbe coniare una categoria a parte: possiamo dire che Pelé sia stato il più grande tra i terrestri, mentre di Maradona non è stata ancora accertata la provenienza, si sa solo che non è di questo pianeta… se non vi fidate, andate a riguardarvi, anche su “YOUTUBE”, le prove di quanto dico: sono lì, a vostra disposizione. Domandatevi se sia stato più difficile vincere 3 Coppe del Mondo per Pelé e il suo Superbrasile, oppure due scudetti a Napoli ed un Mondiale, vinto praticamente da solo, per Maradona…

Chiudo ricordandovi che, per festeggiare l’evento, questa sera stessa, 4 Marzo,“MEDIASET” (il film è stato prodotto da MEDUSA) trasmetterà “LA GRANDE BELLEZZA” in prima visione TV assoluta, appuntamento alle ore 21:10 su CANALE 5. A seguire, tanto per gradire, ancora Sorrentino, con il già citato “THIS MUST BE THE PLACE”.

Francesco Vignaroli


Leggete anche la recensione dello stesso Francesco Vignaroli sul film "La Grande Bellezza", apparsa sul Corriere dello Spettacolo qualche tempo fa...

2 commenti:

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  2. La Grande Bellezza parla di tutto ma non di Roma. Parla di una società vuota e sola che si vende per un po di compagnia. Una società che non ha scopo, che trascorre il tempo a perdere tempo. Una fuga inconsapevole o consapevole dalla vita. Il tema dell'amore è quello che più tocca. E' tema sfumato, appena accennato eppure centro e conclusione del film. Toni Servillo ha sul tema dell'amore due monologhi bellissimi.

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