27 febbraio, 2014

LA BUONA STELLA DI CARLO VERDONE. Di Francesco Vignaroli


Cinema Signorelli, Cortona. Lunedì 24 febbraio 2014

Poco dopo la morte della ex-moglie, l’ultracinquantenne Federico Picchioni (Verdone), per colpa di un collaboratore disonesto, perde il lavoro e con esso la possibilità di mantenere il figlio Niccolò e la figlia Lia (più la nipotina Aisha), entrambi ventenni, con i quali ha da tempo scarsi rapporti; vista la situazione economica d’emergenza, decide di farli venire a vivere a casa sua, vedendosi stravolgere completamente il menage familiare: la giovane e pretenziosa compagna, in continuo contrasto con i nuovi arrivati, lo pianta in asso, seguita a breve distanza dalla domestica; come se non bastasse, la convivenza con i figli, anch’essi disoccupati, è faticosissima, e tra vecchi rancori e incomprensioni il caos regna sovrano, almeno fino all’arrivo della nuova vicina, l’esuberante e un po’ pasticciona Luisa Tombolini (Paola Cortellesi), cuore solitario e sensibile angustiato da problemi familiari (non ha più legami con i genitori) e da una professione crudele: si occupa del risanamento di imprese in difficoltà licenziando il personale in eccesso; in parole povere, come la definisce Federico, è una “tagliatrice di teste”.
L’incontro-scontro tra Federico e Luisa cambia la vita di entrambi: grazie alla sua solarità e generosità, la donna conquista subito i ragazzi, ponendosi come tramite comunicativo e affettivo tra padre e figli e contribuendo in modo sensibile al rasserenamento del clima in casa Picchioni;  ma, soprattutto, tra i due nasce un amore tenero e sincero che contribuirà a guarire la solitudine e le ferite di entrambi e a far affrontare loro i molti problemi della vita con più ottimismo e serenità.




Ottima prova del Verdone maturo e uno dei suoi film migliori in assoluto: “SOTTO UNA BUONA STELLA” è una commedia deliziosa e garbata di rigenerante freschezza, nella quale il regista mostra con lucidità e sottile (auto)ironia il disorientamento che coinvolge padri e figli nell’Italia contemporanea, forte anche della presenza della sempre brava Paola Cortellesi, qui perfettamente a suo agio in un ruolo cucito su misura per lei ed in evidente, totale sintonia con il suo partner artistico. Rispetto ad altri suoi lavori, il Verdone regista riesce in questo caso a tenere efficacemente a freno il Verdone attore e, soprattutto, evita il consueto ricorso alle macchiette di contorno, eliminando quindi l’elemento che, a mio giudizio, ha da sempre  ridimensionato la profondità di contenuti e le ambizioni artistiche delle sue commedie agrodolci, trasformandole in opere ibride e costantemente in bilico, come se incerte sulla direzione da prendere, tra dramma e farsa (esemplari i casi di film come “COMPAGNI DI SCUOLA” o “PERDIAMOCI DI VISTA”), ma alla fine, loro malgrado, sempre un po’ sbilanciate verso quest’ultima, a causa di certi scadimenti nella comicità facilona ed elementare, stonata se inserita in un contesto che si vorrebbe un po’ più “serio”. Malgrado non manchino situazioni spassose in cui si ride di gusto (cito due scene, tra le tante: lo scambio dei passeggini al supermercato e la lezione di andrologia al matrimonio del fratello di Luisa) e nonostante il sapore dolce prevalga su quello agro -vedi anche il lieto fine-, ci troviamo qui di fronte ad una delle commedie più meditate, coerenti ed adulte di tutta la produzione di Verdone, il quale trova il modo di piazzare alcune riflessioni quanto mai attuali che, pur nel clima complessivamente allegro e moderatamente ottimistico del film, denotano una certa amarezza di fondo; in particolare, il regista fa riferimento alla piaga della disoccupazione giovanile e quindi all’assenza di qualsivoglia prospettiva economica e sociale per i giovani italiani, puntando il dito contro l’attuale classe dirigente, e questo in almeno tre circostanze: 1) per bocca di Lia, che, alla richiesta formulatale da Richard, giovane inviato del “GUARDIAN” di Londra (e suo futuro fidanzato), di fornirgli una definizione dei giovani italiani di oggi, pronuncia una lapidaria sentenza che cita, ribaltandolo, il titolo di un bel film dei fratelli Coen: “L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER GIOVANI.”; 2) all’audizione di Niccolò, dopo che i due esaminatori lo hanno bocciato per via del testo triste della sua canzone senza nemmeno averlo ascoltato veramente, Federico, presente al provino, sbotta, accusando i giudici ed anche se stesso -in quanto adulto appartenente alla stessa generazione-, di aver perso l’anima e di aver portato i ragazzi al presente stato di prostrazione e di sfiducia verso la vita; 3) poco prima della fine del film, durante la cena, quando Niccolò comunica a Federico la sua decisione di raggiungere Lia a Londra, “PER NON DIVENTARE UN VEGETALE”: molto significativamente, di fronte ad un’espressione così forte, Federico/Verdone non riesce ad opporre né un’obiezione soddisfacente né, come forse ci saremmo aspettati, una battuta sdrammatizzante; può soltanto limitarsi, impotente, ad ammettere la legittimità delle motivazioni del figlio, rispettandone perciò la scelta.
Alla fine si ritrova dunque lontano sia da Niccolò che da Lia, entrambi, altrettanto significativamente, animati da ambizioni artistiche e perciò costretti ad emigrare.


Francesco Vignaroli

Nessun commento:

Posta un commento