02 dicembre, 2013

UNA STANZA A SUD. Scritto e diretto da Corrado Accordino. Di Daria D.


Milano, Teatro Libero. Dal 28 novembre al 9 dicembre 2013

Foto Enrico Roveris
“Mollo tutto e vado ai Tropici” potrebbe essere il sottotitolo di questo complesso e originale testo drammatico e che appare, giustamente bagnato di sudore dopo due intense ore di spettacolo, sulla maglietta di Andrew, interpretato da Giancarlo Latina, il biologo pazzo proveniente da Vienna alla ricerca di qualche specie rara, in una zona che si presume dell’area amazzonica.
Quanti di noi almeno una volta hanno pensato che fuggire invece di combattere, il famoso flight or fight fosse la soluzione ideale per risolvere o almeno illudersi di risolvere, i più disparati problemi: sottrarsi alle responsabilità, alla famiglia, al matrimonio, a un lavoro insoddisfacente, all’Equitalia, alla giustizia, oppure semplicemente per soddisfare la sete di avventura, di curiosità, o un sano masochismo?
Accordino racconta le vicende di tre personaggi che, per una ragione o per l’altra l’hanno fatto, e usando una struttura quasi cinematografica, con fast forwarding e rewinding si ritrovano nella foresta pluviale, a dividere un’unica stanza presa in affitto dagli indigeni, lontani mille miglia da casa, lasciando sempre la storia aperta a diverse possibilità di narrazione e un finale sorprendente non privo di una punta di ironico buonismo.
Foto Enrico Roveris
Tre bravi attori, in ordine di apparizione, Pasquale di Filippo, Giancarlo Latina e Alessandro Castellucci simboleggiano uomini alla ricerca di solitudine e anonimato il primo, di insetti il secondo (non ho capito perché Andrew non sia entomologo, invece) e di ricercati il terzo.
Rifacendosi un po’ a “Pulp Fiction” rievocato da Denny il fotografo, interpretato da Alessandro Castellucci quando dice a Max, Pasquale di Filippo, che gli ricorda Vincent Vega, un po’ a “Mosquito Coast” e “Fight club”, passando per Pirandello, già dalla prima scena, per via di un sonoro di pioggia tropicale e musica rock (molto interessante e coinvolgente la scelta del repertorio musicale) entriamo in un’atmosfera surreale degna di quelle taverne da combattimento di galli o di sparatorie da saloon. C’è una certa suspense che aleggia nell’aria, e siamo curiosi di sapere cosa succederà, man mano che nella stanza arrivano i personaggi.
Max che si credeva al sicuro, solo e indisturbato, si trova a dividere la stanza con Andrew che sembra già fin dall’inizio aver fatto largo uso di sostanze allucinogene, forse manca un po’ di crescendo nel suo essere fuori di testa, partendo già al massimo. Tra i due è subito diffidenza e sospetto, invece di una solidarietà e curiosità dovuta se non altro a ritrovarsi in un posto così incredibile e lontano da tutto. Ma le cattive abitudini umane evidentemente sono dure a morire.
Le cose si complicano quando ai due si aggiunge un fotografo, o presunto tale, ma forse cercatore di taglie, o poliziotto, sicuramente un elemento di ulteriore disturbo.
Accordino lavora sul problema della libertà individuale, che, quando è costretta in spazi ristretti, come accade sovente nelle grandi metropoli, tende a esplodere in atti di violenza e di intollerabilità. Perché per ogni essere umano avere un proprio spazio incontaminato in cui nessuno può e deve entrare, è sinonimo di libertà e di vita.
Perciò anche nel mezzo dell’Amazzonia, quando tre uomini che non si conoscono sono costretti a dividere lo stesso spazio, è possibile che si ricreino le stesse condizioni di insofferenza, violenza e disumanità tipiche delle aree urbane.
Foto Enrico Roveris
Accordino non mette tutto bene a fuoco, nel suo testo, ma riesce a farci pensare e meditare su tanti temi, spesso solo sorvolati. Uno spettacolo anche divertente, per il linguaggio ironico e chiassoso, e che senz’altro non annoia, forse un solo momento un po’ lungo quando Andrew rimane solo con Denny legato alla sedia. Una regia completa e attenta a tutte quelle voci che, oltre alla recitazione, danno vita a uno spettacolo: scenografia, costumi, luci, musica, qui tutti ben accordati e miscelati.
Mi permetto una critica: la recitazione tiene troppo poco conto della situazione al di fuori della stanza, delle condizioni climatiche, umidità insopportabile, calore, mancanza di luce elettrica, oppure della presenza di insetti che circolano in quei luoghi tropicali, e non solo nel vasetto di Andrew. Insomma un po’ più di vita vissuta.
“Uscire dal campo” può far bene ma se poi al ritorno troviamo le stesse cose tanto vale rimanere in campo e combattere per migliorare la nostra vita. Il teatro è un campo aperto in cui tutto si ritrova, è sviscerato, messo a nudo, discusso, non sempre in maniera precisa, sicura e definita, ma i tentativi vanno sempre apprezzati e incoraggiati. Come lo sforzo e l'impegno costante di tutti quelli che lavorano davanti e dietro alla messa in scena di un'opera artistica, in questo caso teatrale.

Daria D.



UNA STANZA A SUD

drammaturgia e regia Corrado Accordino

con Alessandro Castellucci, Pasquale di Filippo, Giancarlo Latina
scene e costumi MariaChiara Vitali
assistente scenografa Gilda Esposito
disegno luci Chiara Senesi
tecnico del suono Andrea Diana
assistente alla regia Valentina Paiano
un ringraziamento a Luigi Bertacchi

compagnia La Danza Immobile

spettacolo realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo

Nessun commento:

Posta un commento