29 ottobre, 2013

“Il discorso del re” di David Seidler. Regia di Luca Barbareschi, con Luca Barbareschi e Filippo Dini. Di Daria D.


Milano, Teatro Franco Parenti. Dal 22 ottobre al 3 novembre 2013

Portare in teatro un play la cui trasposizione cinematografica con la regia di Tom Hooper, ha ricevuto quattro premi  Oscar nel 2011, potrebbe essere da una parte, uno scivolare sul sicuro, dall’altra, una sfida pericolosa soprattutto se ricordiamo gli straordinari Colin Firth e Geoffrey Rush, il primo nei panni di Albert, Duca di York e futuro Giorgio VI Re d’Inghilterra e il secondo, di Lionel Logue, il suo logopedista, nonché attore fallito, o quasi.
Eppure Luca  Barbareschi, regista e nello stesso tempo follemente Lionel, non ha esitato a lanciarci una sfida, consapevole che quel scivolare sul sicuro non sarebbe stato poi così matematicamente sicuro. Perché nessun successo è mai garantito al 100%, checché se ne dica, anche se tutti gli elementi lo farebbero pensare, sennò quel “ bello è il rischio”  di cui parla Platone,  sarebbe un’idiozia. Invece, no.  Certamente il rischio rende la vita piccante e molto molto più interessante. Barbareschi lo sa, tant’è vero che di rischi ne ha presi anche in altri campi, o forse erano solo delle distrazioni, sta di fatto che sono servite a rafforzare la sua convinzione che niente appaga, alla fine, quanto l’Arte. E per fortuna ora ce ne offre  un po’. Aspettiamo il seguito…
Il futuro re, interpretato ottimamente da Filippo Dini, capace di simpatia e umanità, decisione e fierezza, timidezza e introspezione, è affetto da balbuzie, difetto che nella sua posizione complica ancora di più le cose, soprattutto alle soglie dell’avvento della radio, che come dice Giorgio V “costringe a strisciare nelle case puzzolenti dei sudditi“, e cui è affidata la diffusione dei discorsi alla nazione.
Albert, Duca di York, o familiarmente Berty, ha avuto un’infanzia infelice, per problemi alle gambe che erano tenute ritte da stecche, un fratello sofferente di epilessia, governanti tiranniche, e tutto un insieme di circostanze che lo mettono in condizione d’inferiorità, fin da piccolo. Balbettare lo rende timido e insicuro, oggetto di umiliazioni e battute umoristiche, insomma un essere infelice che vive all’ombra di cotanto padre e del fratello, Edoardo, viveur cui piace dare scandalo, in privato, unendosi a una borghese americana pluridivorziata, Wallis Simpson  e in pubblico, manifestando simpatie per il Fuhrer.
Ma il compito che si assume Lionel di aiutarlo in qualità di sedicente logopedista, non è dettato da nessun tornaconto per la sua vita, in fondo misera e semplice, ma da grande generosità e fede nei suoi metodi così poco ortodossi, più da insegnante di recitazione e di vita, compagno di giochi e di bevute, confidente ed estimatore.  Tutto questo è riassunto dalla battuta finale di Albert, diventato Giorgio VI dopo l’abdicazione del fratello Edoardo, “Grazie amico mio”.
Più di una volta, vedendo proiettato su un pannello gigante un filmato di Hitler inneggiante alle folle, ho pensato alla forza distruttrice o benefica delle parole, quando per esempio sono messe in bocca a un pazzo criminale oppure a un profeta che predica l’amore. Oppure, come nel caso di Giorgio VI per dichiarare la guerra alla Germania, nel 1939.  Perché senza quella guerra, non ci sarebbe mai stata la pace: Si vis pacem, para bellum, come dicevano i latini.
Durante quello storico discorso Giorgio VI parlerà  al suo popolo di lealtà, patriottismo, ideali,  dedizione al dovere e al sacrificio, libertà  e giuste cause. E Lionel dopo averlo aiutato a preparare il discorso, lo ascolterà seduto a Buckingham Palace fiero del lavoro fatto, di cui è valsa  la pena perché ora anche lui è sul “palcoscenico del mondo” invece che in un misero teatrino di provincia.
Uno spettacolo divertente, ironico,  intelligente, mai volgare, o di ambiziose e inutili sperimentazioni (Dio ce ne scampi!) raffinati i costumi, inventive le scenografie fatte da prismi rotanti e pannelli mobili. I molti applausi, anche a scena aperta, hanno decretato il successo dello spettacolo.
Ottimi anche gli altri attori: Chiara Claudi, Ruggero Cara, Roberto Mantovani, Astrid Meloni, Giancarlo Previati, Mauro Santopietro.
Grazie a tutti e un brindisi vittoriano… magari corretto con whisky…

Daria D.


di David Seidler
con Luca Barbareschi e Filippo Dini
e con Ruggero Cara, Chiara Claudi, Roberto Mantovani, Astrid Meloni, Giancarlo Previati, Mauro Santopietro
regia di Luca Barbareschi

produzione Casanova Multimedia

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