24 giugno, 2013

CLAUDIA CONTE INTERVISTA MASSIMILIANO MAUCERI


Cari lettori del Corriere dello Spettacolo,
oggi la vostra redattrice Claudia Conte ha il piacere di intervistare il sorprendente regista toscano Massimiliano Mauceri, che proprio oggi ha ricevuto il prestigioso Award of Merit al Los Angeles Cinema Festival of Hollywood per la sua sceneggiatura Luther's Gang!


Ciao Max. Sei pronto a rispondere alle mie domandine? Bene. Iniziamo dalla prima. Sogni ed aspirazioni di Massimiliano bambino. Si tratta di lontane reminiscenze ormai (rido), ma ti chiedo… cosa volevi fare da grande?

A dispetto dei miei 39 anni, mi sento in effetti ancora molto bambino, con le stesse aspirazioni e la stessa voglia di sognare di quando ero piccolo, di quando avevo un sogno: fare il regista. Credo che la mia passione per il cinema sia nata intorno ai dieci anni. Passavo serate fantastiche con i miei genitori a vedere vecchi film in b/n davanti alla tv, e per me l’atmosfera di quelle sere aveva qualcosa di magico: tuffarmi in quelle storie prima di quella che io consideravo una noia mortale, cioè dover andare a letto presto come tutti i bambini, solcava il confine tra il piacere e il dovere. A quattordici anni ho poi ricevuto in regalo la mia prima cinepresa Super8 e ho iniziato a vagare per la città (Firenze ndr) girando filmini senza capo nè coda ma che mi divertivano molto. Il rumore della pellicola Super8 quando giri, è qualcosa di unico. Percepisci l’importanza di ogni secondo di inquadratura, di ogni fotogramma, sai che ogni cosa che stai riprendendo sta venendo impressa sulla pellicola. E’ qualcosa di difficile da spiegare, qualcosa che quando usi una telecamera digitale non avverti. Una specie di magia che attraverso il rumore scandisce il tempo delle immagini, e ti fa percepire la forza del cinema.

Parlaci del tuo primo lavoro cinematografico.

Avevo diciannove anni, era il lavoro finale del corso di regia di una scuola di cinema che feci a Firenze. Tanto per rimanere in tema col mio essere ancora bambino, presi il titolo dalla sigla del cartone animato Pinocchio: “La fantasia è solo una bugia”. Una storia d’amore, d’incomunicabilità. Avevo iniziato quella scuola con l’aspirazione di poter fare da cameraman ai matrimoni, cosa che in effetti feci pure una volta, e mi sono trovato invece con un corto, scritto e diretto da me, vincitore di 6 premi e trasmesso dalla Rai. Era poco, era solo un piccolo passo, ma nel mio piccolo, ero felice.

Quali sono i tuoi registi preferiti? Qualcuno ti ha influenzato in modo particolare nella tua formazione?

Senza dubbio Hitchcock. Credo che rappresenti la forma più alta di cinema sotto tutti i punti di vista, anche se mi rendo conto che il parere è del tutto personale. Era un regista che “parlava” con la macchina da presa. Riusciva a raccontare sentimenti, emozioni e storie, soltanto con un movimento di macchina o con uno sguardo dell’attore. Aveva, secondo me, colto l’essenza del cinema. Spesso infatti i dialoghi dei suoi film, perfetti, essenziali ed ironici, erano semplicemente pretesti per far muovere i personaggi sulla scena e far andare avanti la storia, ma quasi mai erano descrittivi di qualcosa. Quando doveva “spiegare” qualcosa, lo faceva con la macchina da presa o con la mimica degli attori. Un modo di fare cinema unico, che nessun altro ha mai avuto. Gli ho reso omaggio nel mio corto “C’era una volta un re”, un piano sequenza di dieci minuti in cui cito “Nodo alla Gola”. Ci sono poi altri registi che amo molto, come Kubrick, Woody Allen, Sergio Leone. Se invece penso al presente, il regista vivente che ammiro di più è Tarantino, un vero genio, con un senso estetico incredibile e una capacità formidabile di scrivere, unite ad una profonda capacità di capire l’animo umano. Un regista spesso guardato di sbieco da un certo tipo di critica che non riesce ad accettare che si possa fare grande cinema facendo il pieno al botteghino.

L’evento che ritieni il più importante per la tua carriera.

Mi viene da sorridere a sentirti pronunciare la parola “carriera”. Siamo realisti, dai. Non ho ancora fatto niente e non lo dico con falsa modestia, è la verità. Forse potrò risponderti meglio fra una quarantina di anni, non so. Ho incontrato tante persone, alcune porte aperte e altre chiuse in faccia. Ed è normale che sia così. L’evento più importante è sempre quello che deve ancora arrivare, o almeno così la vedo io. E’ il mistero del futuro che regge il mondo, viviamo solo perché non sappiamo cosa succederà domani.

So che hai scritto e diretto otto cortometraggi, vincendo ben 67 premi fra Italia, Europa e Stati Uniti. Quale credi sia il segreto del tuo successo?

Ecco appunto... se mi faceva sorridere la domanda di prima, figurati sentirti parlare di successo. Sei molto gentile ma io e il successo non siamo accostabili al momento. Che poi bisognerebbe capire cosa è il successo. Credo che l’obiettivo di tutti sia quello di cercare la felicità, ma pure chi la raggiunge dice che dura poco quella sensazione. E quindi forse la vera felicità sta nell’avere almeno la possibilità di cercarla. Questo è già un successo, e non è poco. Non tutti hanno la fortuna di averlo, specialmente di questi tempi. Il successo invece inteso come riconoscimento del tuo lavoro, anzi della tua passione, fa immensamente piacere, è vero, ma come dicevo, la tua gentilezza va ben oltre la realtà, in fondo stiamo solo parlando di cortometraggi, la vera sfida cinematografica sarà confrontarsi con il cinema “vero”: i lungometraggi.

Nell’ambito del cinema italiano in che misura è possibile proporre delle nuove idee e quanto invece si deve venire a patti con i produttori e i gusti del grande pubblico?

Qui purtroppo manca una vera industria cinematografica. Per ricrearla come un tempo, bisognerebbe ripartire dai film di genere che sono il pilastro di questa industria e formare nuovi produttori che rischino qualcosa di loro scegliendo progetti secondo il proprio gusto e non secondo strane logiche di convenienza. Riscoprire l’aspetto umano e artistico del produttore, significherebbe ridare lustro al cinema italiano e proiettarlo verso un futuro migliore. Credo che ce ne siano di produttori pronti a mettersi in gioco con coraggio e convinzione ma vanno aiutati altrimenti si scontrano contro un sistema chiuso su se stesso e perdono fiducia. Gli spettatori andrebbero trattati meglio, serviti con più scelta. Se nel menù c’è solo un piatto, scegli sempre e solo quello. Il grande pubblico non è solo quello che va al cinema per il cinepanettone, è anche quello che vede Sorrentino o Tornatore. I grandi registi non fanno film per pochi. Quindi il problema non è il gusto degli spettatori, ma il sistema che è alla base di tutto.

Ora conosciamo un po’ meglio Massimiliano dal punto di vista umano. Svelaci… un tuo pregio ed un tuo difetto!

Forse l’essere perfezionista.

Questo è il pregio o il difetto?

Tutte e due le cose. Spesso aiuta ad evitare di fare sciocchezze, ma ancora più spesso risulta un ostacolo inutile e pesante, ché tanto la perfezione non esiste e può diventare solo l’alibi della paura di sbagliare.

Cosa pensi dell’amore? La pensi come me oppure “Una vita senza amore è ugualmente degna di essere vissuta”?

La penso decisamente come te. L’amore regola tutta la percezione delle cose, degli accadimenti e della vita stessa. E’ la misura della felicità. Che sia l’amore per una persona o per qualcosa di più astratto, è comunque necessario per sentirsi vivi. Amare significa esserci. Avere un senso per se stessi e dare un motivo agli altri. I periodi senza amore, sono come interminabili fluttuazioni nel vuoto senza tempo.

Progetti futuri.

Fare il mio primo film “vero”. Di quelli che escono al cinema, di quelli che pure gli amici e i parenti devono pagare il biglietto per vederlo. Ma scherzi a parte, ho pronte due sceneggiature. Un thriller e un gangster movie. Vorrei girarlo in inglese ma con produzione tutta italiana. Sto valutando alcune proposte e alcune strade. Vedremo.

Grazie Max per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per la tua già brillante carriera. L’intervista si è conclusa ma ti invito a mandare un saluto ai nostri lettori!

Crepi il lupo e grazie a te Claudia per la tua cortesia e simpatia. Un saluto e un abbraccio ai lettori del Corriere dello Spettacolo.


Curata da Claudia Conte

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