20 aprile, 2013

"La città ideale": ogni luogo nasconde un lato oscuro. Di Francesca Saveria Cimmino



Film d’esordio per l’attore Luigi Lo Cascio le cui doti e potenzialità risultano evidenti. Michele Grassadonia, un architetto palermitano interpretato dal medesimo Lo Cascio, si trasferisce dalla sua città natale a Siena: terra valutata per l’educazione civica e il tenore di vita medio-alto.
In una notte piovosa in cui doveva raggiungere una collega ad un appuntamento, Michele ecologista convinto, si fa prestare la macchina da un collega. Ad un tratto vede un’ombra sfrecciare davanti e urtare contro il mezzo di locomozione di cui in quel momento era in possesso: si ferma impaurito, scende dalla vettura ma non c’è nulla per terra. Prosegue il cammino ma probabilmente lo shock e la tensione gli fanno perdere il controllo, così cozza contro un altro veicolo parcheggiato al quale lascia un biglietto per il risarcimento dei danni.




Non finisce qui l’avventura dello sfortunato architetto: per terra qualche metro più avanti trova un oggetto non ben definito lungo il bordo della strada. Prosegue, ma i sensi di colpa lo costringono a fare retromarcia e capire di che cosa si trattasse: è un uomo, uno dei più importanti di Siena. Chiama il 118 e all’arrivo della polizia la sua vita inizia un nuovo e inquietante capitolo: da soccorritore ad indagato.
Agli occhi di tutti è già un colpevole. Discriminato, emarginato e diffamato, Michele vive una fase confusionale sul proprio status e su quel che gli sta accadendo.
Non c’è nulla che gli dia la consapevolezza di aver sbagliato o le giuste attenuanti, dal momento in cui non ricorda né riesce a decodificare l’oggetto contro cui è avvenuta la collisione.
In un mondo in cui tra la giustizia e l’ingiustizia il passo è breve e dove l’arroganza predomina, il disperato architetto non trova le parole per esprimere il suo disagio: le giornate trascorrono con macigni da trascinare, le notti con incubi da sopportare. Michele trema come una foglia gialla d’autunno prima di cadere, ma allo stesso tempo la sua forza interiore e il bisogno di dimostrarsi innocente gli danno la determinazione per proseguire un calvario estenuante.
Gli interrogatori del magistrato hanno una valenza comunicativa sia per quanto concerne i dialoghi, sia per quanto riguarda la scelta registica dell’utilizzo delle immagini: l’indagato è ripreso dall’alto, schiacciato dal reato e dalla vergogna, l’indagatore è ripreso dal basso, in quanto autorità e simbolo del potere. Così come rilevanti risultano essere le inquadrature dall’alto della scala a chiocciola: come se Michele fosse in trappola e non ci fosse alcuna via di fuga.
L’unica scelta discutibile del regista può essere sullo smascheramento di quell’oggetto che ha provocato un tremendo equivoco. La forza del film sarebbe potuta restare tale pur senza dover dare tutte le risposte ai quesiti: il senso del mistero è la chiave per mantenere la concentrazione e anche per stimolare una rilettura e un’interpretazione del tutto personale.
Lottare per la verità quando i più avrebbero scelto l’omertà; lottare per la verità quando il cervello degli uomini in realtà ricerca solo la vittoria. Ed è qui che la domanda postagli dall’ultimo avvocato a cui si affida risulta essere pregna di valenza e meditazione: <ma alla luce di quel che è accaduto, Lei lo rifarebbe?>.

Francesca Saveria Cimmino

2 commenti:

  1. sullo smascheramento del "corpo imprecisato" che ha causato l'equivoco però non sono d'accordo...secondo me accresce la beffa e la chiusura in un guscio di incomunicabilità di Michele, portatore di una verità che è vera ma assolutamente indimostrabile... comunque un bel film. Mariateresa

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  2. Sono contenta del Tuo commento. Potersi confrontare è sempre importante e formativo sia per chi scrive sia per il lettore. Io credo che effettivamente nel cinema si debba giocare tra un detto e non detto, lasciando allo spettatore il beneficio del dubbio o una personale interpretazione. I registi, a mio modestissimo parere, devono sempre chiedersi qual è il messaggio che deve arrivare e devono cercare di ottenere il loro fine con tutti i mezzi a disposizione. In questo caso specifico ritengo fosse già chiaro il senso del film e quel dettaglio poteva non essere svelato lasciando un pò di mistero, che, in realtà, non fa mai male. Infondo chi avrebbe voluto credergli l'avrebbe comunque fatto. Ad ogni modo questo è davvero un pelo nell'uovo discutibile e soggettivo, nulla di più. Il regista merita tutte le attenzioni e il tema è assolutamente rilevante. Grazie per avermi contattata!

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