15 febbraio, 2013

Girotondo. Ispirato a Girotondo di Arthur Schnitzler. Regia di Bruno Fornasari. Di Daria D.



Milano, Teatro Filodrammatici. Dal 14 al 10 marzo 2013

Questo testo del grande scrittore austriaco è un’opera sempre attuale, molto piacevole, leggera ma non banale, divertente, piena d’intelligenza e profondità. Quel girotondo d’ipocrisia borghese nascosta tra parole d’amore, stereotipi vari, il bisogno di trovare nuovi stimoli, vivere passioni anche se, o proprio perché passeggere, è un gioco che, ammettiamolo pure, fa gola a tutti. A volte rimane nelle nostre fantasie, altre…
Il tradimento, anzi “lo stordimento” di cui parla Schnitzler, è come un bicchiere di champagne, ci lascia euforici, ma non ci abbrutisce, rilasciando i nostri freni inibitori quel tanto che basta per rendere quello “stordimento” una cosa momentanea, un coinvolgimento passeggero, a volte necessario per superare momenti di solitudine, tristezza, abbandono, cui penseremo, una volta passato, con nostalgia e senza sensi di colpa.
Un invito al tradimento? Bisognerebbe fare un lungo discorso su cosa è il tradimento. E se lo facesse una donna, direbbe una cosa e se ne parlasse l’uomo, ne direbbe un’altra. È un terreno su cui le due sensibilità non s’incontrano ancora. Ma per fortuna s’incontrano le volontà dei traditori…
Quindi guardiamoci l’interessante rilettura di Fornasari.
Nello spettacolo, molto gradevole, inventivo e ben recitato, la bella moglie Giulia ammette per prima il “tradimento” con un divo di un reality show, il tipico gigolò, e si difende dicendo “però l’ho pagato”.  Nella prima scena, in una camera d’albergo a cinque stelle, dove i due s’incontrano, lei è aggressiva e dura, forse per mettere un altolà a qualsiasi coinvolgimento emotivo. Lo sta facendo solo perché si sentiva trascurata dal marito, quante volte accade, vero donne? Il ragazzo che ha capito tutto, perché è furbo, anche se scemo, approfitta della situazione, per guadagnarsi la marchetta.  Lei naturalmente non crede alle varie “stronzate” che le racconta, ormai trite e false, però gli concede il suo corpo. Non il suo cuore. E, infatti, nell’ ultima scena finale , lei farà l’amore con suo marito, provando, grazie alla scappatella, un nuovo e inaspettato piacere. E lui, avendo dimenticato l’inesperta e potenzialmente pericolosa minorenne, riscoprirà il piacere di ritornare all’ovile, anche per dimostrare di essere migliore dell’altro.
Lo spettacolo, con la sua scenografia semplice ma sensuale, moderna, quell’avorio dei divani di pelle che si trasformano in letti, sullo sfondo delle pareti gialle, la musica stile disco che martella sul fotogramma fisso dell’atto sessuale, che i due attori quasi strizzandoci l’occhiolino consumano senza consumare,  le immagini che scorrono velocissime sul video, come il tempo di prestazione e di performance delle coppie, è veramente un gioco che ci coinvolge, soprattutto per i riferimenti all’attualità.
E allora i personaggi, che nello scrittore austriaco sono un capitano, uno scrittore, una prostituta, una giovane signora, un’attrice ecc. … diventano un uomo politico arrogante e cinico, una minorenne che sogna di fare la velina, un ragazzetto per cui il sesso è allo stesso livello di una camcorder, la moglie annoiata, il gigolò, la professoressa vogliosa, ma impacciata.  Ci troviamo davanti a degli stereotipi cui siamo tutti abituati, ma lo stesso è in Schnitzler, perché ogni carattere rappresenta un pezzetto della società, dell’umanità, fa parte dell’immaginario collettivo, modelli da seguire o da rifiutare, secondo le sensibilità, le circostanze, le possibilità.
Sinceramente avrei voluto più caratterizzazioni, per concludere  il gioco con ancora più sorpresa e  per farlo durare di più.
Il ritmo veloce, i dialoghi spiritosi, che scandiscono questo girotondo non solo erotico/sessuale ma anche esistenziale, ci mettono davanti alle nostre vite e a quelle degli altri, e forse ritroviamo un pezzettino di noi stessi in ognuno di loro, pur senza confessarlo pubblicamente. Così, trascorriamo un’ora e mezzo nella leggerezza, apprezzando il lavoro del regista che ha saputo reinventare e attualizzare un testo classico, con stile e originalità.
 Le tragedie e i drammi, caso mai, li ha lasciati dietro le quinte, o nelle nostre fantasie quando lanciamo un occhiata al nostro vicino/a di posto…
“un bel gioco dura poco” come dice quell'antipatico proverbio...

Daria D.


WEPORN
di Bruno Fornasari
ispirato a Girotondo di Arthur Schnitzler
regia Bruno Fornasari
con Tommaso Amadio e Elisabetta Ferrari
scene e costumi Erika Carretta
assistenti alla regia Adalgisa Vavassori Alice Redini Fabio Zulli
progetto di comunicazione Cristiana Giacchetti
poduzione Teatro Filodrammatici

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