05 novembre, 2012

IL RITORNO DI "C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA" AL CINEMA: I CAPOLAVORI NON MUOIONO MAI!


Cortona, Teatro-Cinema Signorelli. Mercoledì 24 ottobre 2012


Che emozione poter rivedere (e riascoltare, data la presenza delle musiche di Ennio Morricone) "C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA" al cinema! Un'occasione veramente imperdibile per i tanti, fra i quali chi scrive, che, pur conoscendo il film a memoria, non hanno avuto la possibilità di vederlo in sala per questioni anagrafiche (correva l'anno 1984). L'operazione è frutto della dedizione e della tenacia dei due figli di Sergio Leone, Raffaella e Andrea, che hanno deciso di riproporre l'opera in edizione deluxe, cioè con un restauro completo unito alla reintegrazione di circa 25' di scene inedite che il regista fu dolorosamente costretto a sacrificare, all'epoca, in fase di montaggio. Per portare a compimento il progetto si sono avvalsi della qualificata collaborazione di alcuni membri della troupe originaria, oltre che del prezioso supporto de LA CINETECA DI BOLOGNA e di alcuni storici del cinema, e questo per ciò che concerne la collocazione ottimale delle sequenze aggiuntive nel pieno rispetto della struttura del film e delle idee di Leone; del restauro audio-video in digitale si è occupata invece la WARNER BROS. Così "ricomposto", il film, rispetto ai 229' dell'edizione del 1984, ha raggiunto la ragguardevole durata di 256'.

"C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA": il testamento spirituale e artistico di Sergio Leone, il capolavoro assoluto di una vita intera, un sogno colossale inseguito per tredici lunghissimi anni (il film precedente, "GIU' LA TESTA", è del 1971) e culminato in un'opera epocale, indimenticabile, entrata di diritto nell'olimpo del cinema.
Il primo '900 statunitense ripensato -a partire dal romanzo "THE HOODS" ( da noi "MANO ARMATA") di Harry Grey del 1983- con una sensibilità tutta europea, capace di colpire con una profondità ed un acutezza forse precluse agli americani stessi; un atto d'amore nostalgico verso un mondo che non c'è più ma anche una severa critica nei confronti della violenta America degli anni '20-'30, ricordata attraverso le vicissitudini di "NOODLES", piccolo teppista ebreo-newyorkese divenuto gangster di prim'ordine negli anni del proibizionismo. Non è, quest'ultimo, l'unico elemento della storia americana di quel periodo che ci viene mostrato: ci sono, infatti, la vita nel quartiere ebraico di New York, la violenza nelle strade infestate dalle bande criminali, la mafia italiana in piena ascesa, gli oscuri intrecci tra politica e malavita, le prime lotte sindacali....
Un caleidoscopio di umori ed emozioni, un gangster movie che mescola vertiginosamente violenza, morte, amore, amicizia, lealtà, tradimento, sensualità, erotismo, brutalità, cinismo, rimpianto; un'opera magniloquente e sterminata che fa dell'abbondanza e dei tempi dilatati i propri tratti salienti, un film-fiume che ha tutta l'incoerenza e l'impossibilità del sogno (o meglio, in questo caso, dell'incubo),al quale forse si riduce l'intera storia, frutto -chissà- dell'immaginazione di un criminale oppiomane...
Certo è che, con questo film, Leone mise definitivamente a tacere i detrattori che gli rimproveravano di girare opere impeccabili da un punto di vista cosmetico ma inconsistenti in quanto a contenuti -un accusa che lo ha perseguitato per tutta la carriera-: sì, perché stavolta, la consueta perfezione tecnica e stilistica (frutto di una cura maniacale dei dettagli) cui il regista ci aveva abituato nei suoi western si mette al servizio di una trama la cui ricchezza e profondità rende appena sufficienti a contenerla tutta le quasi quattro ore di durata della pellicola; tutto ciò grazie al lavoro congiunto di ben 6 sceneggiatori (tra i quali lo stesso Leone), capaci di disegnare una storia che avvince dall'inizio alla fine senza cedimenti, e che viene impreziosita da una memorabile galleria di personaggi ottimamente serviti da un cast stellare (giganteggiano in egual misura Robert De Niro e James Woods nei panni, rispettivamente, di Noodles e Max, ma non vanno dimenticate le interpretazioni di Jennifer Connely, Danny Aiello, Joe Pesci e tutti gli altri), oltre che dal consueto numero incalcolabile di battute da mandare a memoria..."NOODLES, COS'HAI FATTO IN TUTTI QUESTI ANNI?"  "SONO ANDATO A LETTO PRESTO."...
Altro elemento che rende magistrale la sceneggiatura è costituito dalla continua alternanza di registri narrativi differenti: ad una prima parte più luminosa e scanzonata - l'infanzia e l'adolescenza- dove prevalgono i toni leggeri di una quasi-commedia (pur se interrotta da improvvise impennate di violenza), fa seguito una seconda parte crepuscolare ed amara -l'età adulta e la vecchiaia- dove però riesce ad inserirsi almeno una magistrale scena comica (lo scambio dei neonati all'ospedale), accompagnata qua e là da distensivi alleggerimenti, nel tipico stile leoniano. La sfilata delle varie età della vita prelude ad una profonda meditazione sul tempo, silenzioso ma onnipresente compagno dell'uomo, e consente di operare una lettura dell'opera in chiave introspettivo/esistenziale oltre che, da quanto detto sopra, storico/sociale.
Tutto il film è scandito da un sistematico sbriciolamento del tempo ottenuto con continui salti temporali, vertiginosi sbalzi cronologici che finiscono ben presto per trasformare questo processo di scomposizione in una vera e propria negazione. Già: il tempo non esiste, è soltanto una costruzione della mente umana, una percezione soggettiva che si smarrisce nei labirintici meandri dell'inconscio. I tre piani temporali dell'esistenza, passato/presente/futuro, mescolandosi in continuazione finiscono per annullarsi a vicenda, portandoci a dubitare persino della memoria: ammesso che il Noodles anziano sia reale, chi ci garantisce che siano reali i suoi ricordi del passato? E se il Noodles senile è solo la proiezione immaginaria di una mente alterata dalla droga, cosa, se non l'ossessione del tempo (si legga: paura di invecchiare) di cui la nostra società soffre irrimediabilmente, può innescare in un individuo ancora giovane una simulazione così realistica di ciò che -probabilmente- ci attende nella vecchiaia, cioè rimpianto del tempo e delle occasioni perduti e senso di smarrimento in un mondo che non ci appartiene più? E' possibile, in alternativa, operare una lettura di queste riflessioni in chiave autobiografica, ma in questo caso dobbiamo concludere che Leone si sentisse già precocemente "passato" -mai comunque quanto il Bergman che firmò il suo capolavoro "senile", "IL POSTO DELLE FRAGOLE", a soli 39 anni (!), nel 1957- visto che all'uscita del film aveva soltanto 55 anni, ma restiamo comunque nel campo delle ipotesi.
Un' ultima doverosa considerazione, passando a questioni prettamente estetiche, va al fondamentale contributo dato al film dalle musiche di Ennio Morricone, qui ai massimi livelli creativi per una delle sue colonne sonore più memorabili. Accanto alle splendide partiture originali, il maestro ha inserito sue rielaborazioni di alcuni celebri standards americani quali "SUMMERTIME" e "NIGHT AND DAY", oltre che del tema di "AMAPOLA" e della "YESTERDAY" di Paul McCartney.

A volte ritornano, per dirla alla Stephen King, ma in questo caso trattasi di ritorno graditissimo e quanto mai opportuno: premesso che vale SEMPRE la pena, a parere di chi scrive, poter rivedere un film al cinema, suo habitat naturale, luogo ideale per valorizzarne appieno le qualità estetiche ed ovviare alle inevitabili limitazioni tecniche e artistiche imposte dal piccolo schermo (spesso ai limiti della mortificazione, se consideriamo pubblicità, tagli...), a maggior ragione dobbiamo considerare come pienamente legittima e giustificata la riproposizione di un capolavoro simile. Al nobile intento divulgativo, motivo già valido di per sé (quanti ancora non conoscono il film!), si affianca poi la non trascurabile strenna per golosi della -giustamente sbandierata- presenza di scene inedite.
Entrando nello specifico di questa "extended version" di "C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA", va detto subito che le sequenze recuperate -facilmente riconoscibili sia per la non eccelsa qualità video (essendo andati distrutti i negativi originali, si è dovuto ricorrere a copie positive mal conservate) che per la presenza dell'audio originale inglese debitamente corredato di sottotitoli- non aggiungono né cambiano sostanzialmente nulla nell'economia di un film già completo nella versione "director's cut"; ciò non toglie però che vi siano alcuni momenti interessanti -e qui mi rivolgo a chi già conosce il film-, come il primo incontro tra Noodles ed Eve in un locale notturno, come Deborah che recita Cleopatra a teatro e come, infine, il dialogo tra il sindacalista Jimmy "manipulite" (Treat Williams) e il senatore Bailey/Max durante la festa alla villa. E' proprio Jimmy, forse, l'unico personaggio ad uscire un po' cambiato (in peggio) dal materiale inedito, che ce lo mostra meno "manipulite" di quanto pensavamo.
Ciò detto, aggiungo con piacere che l'integrazione delle scene extra nel film è stata portata a termine in modo pienamente soddisfacente e armonioso oltre che con grande rigore filologico, come pure il restauro audio/video -tenendo conto di quanto detto sopra per il metraggio recuparato- supera l'esame a pieni voti.
Ultima nota di merito, ma tutt'altro che secondaria, va alla scelta di riproporre il doppiaggio italiano originale -impreziosito dall'inimitabile voce di uno dei più grandi doppiatori italiani, lo scomparso Ferruccio Amendola, al servizio di Robert De Niro- in luogo del pessimo doppiaggio realizzato appositamente per l'edizione DVD del film (motivo più che sufficiente per non acquistarla).

Che dire di più? Vista la piena riuscita del progetto, c'è solo da augurarsi che il film venga ridistribuito anche negli USA in modo da rimediare finalmente allo scempio perpetrato all'epoca dal produttore Arnon Milchan -che si concesse pure una particina nel film nel ruolo dell'autista della limousine- che, non contento di aver rimontato la pellicola in ordine cronologico, stravolgendone così la struttura, la ridusse di circa un'ora (una sciagura che ricorda da vicino l'amara sorte subita dal capolavoro di Kurosawa "I SETTE SAMURAI", vergognosamente decurtato di un terzo per il mercato estero) col risultato di cavar fuori un mostro informe rifiutato in blocco dal pubblico statunitense. Per Leone, che prese le distanze dal misfatto, si tratterebbe di una bella rivincita, ancorché postuma.
  
Francesco Vignaroli

1 commento:

  1. Però nn scrive mica male questo ragazzo! Vai Fancesco continua così, magari un giorno prendi pure in considerazione "un uomo da marciapiede" sono riuscito a rivederlo dopo circa 30 anni ahahahah.(Claudio)

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