12 maggio, 2012

“Pro patria”. Un Ascanio Celestini soffocato da sé stesso



Piccolo Teatro Grassi, Milano. Martedì 8 maggio 2012

È un uomo in prigione quello che ci racconta la storia del risorgimento italiano, un risorgimento pieno di vicende storiche e pieno di personaggi; un risorgimento in cui è stato versato troppo sangue, sangue che non è servito a niente, perché il mondo non è cambiato, l’Italia non è cambiata, i potenti e le autorità non sono scomparse, ma “i ladri di mele”, quei ladri costretti a rubare dalla fame, diventano colpevoli per la Giustizia e costretti al carcere, a essere maltrattati, nei casi più estremi sono portati al suicidio. Il sangue versato da Mazzini e Garibaldi in favore dei più deboli non è valso a nulla: adesso Garibaldi e Mazzini non sono altro che nomi di monumenti e di piazze, ma fa comodo dimenticarsi delle loro imprese, dei loro ideali… è utile ricordarli come alla legge fa più comodo.
È un po’ questo il concetto del monologo “Pro patria. Senza prigioni, senza processi” di e con Ascanio Celestini, in cui l’attore, utilizzando solo una piccola porzione di palcoscenico, sta seduto su uno sgabello rosso; sullo sfondo giornali in cui sta scritto: “Discorso sulla controvertigine”. Il protagonista infatti dà luogo a un monologo in cui immagina un fantasioso dialogo tra sé stesso e Giuseppe Mazzini, tutto questo nell’attesa di riuscire a comporre il discorso da fare in tribunale, quando l’imputato sarà giudicato, il discorso sulla controvertigine appunto: quel discorso che lo salverà oppure che lo costringerà a vivere in eterno in carcere, se non sarà costretto, addirittura, a uccidersi.
Non basta un Celestini strepitoso attore per reggere su di sé un monologo così pesante e ridondante. I discorsi sulla storia d’Italia risultano troppo dispersivi e il tutto risulta alquanto monotono, a causa di una cadenza ritmica e vocale sempre uguale in sé stessa e a una poco dinamica gestualità e mobilità. Ribadisco, comunque, Celestini grande attore, ma è la sua opera scritta a non esserlo, un testo che soffoca l’abilità attoriale e, per dirla tutta, anche troppo lungo: un’ora e quaranta senza intervallo!


Pro patria
testo Ascanio Celestini
Suono Andrea Pesce
con Ascanio Celestini
una produzione FABRICA
in coproduzione con Teatro Stabile dell'Umbria


Stefano Duranti Poccetti

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