14 febbraio, 2012

In Diaz, la vergogna di una triste pagina di storia contemporanea



“Diaz - Don’t clean up this blood” nasce da una telefonata tra il regista Daniele Vicari con il produttore della Fandango Domenico Procacci, all’indomani della sentenza di primo grado del processo per i fatti della Diaz, quando alcuni familiari delle vittime gridarono: “Vergogna! Vergogna!! Non verrò mai più in questo paese”. Il paese in questione, purtroppo, è un paese riconosciuto da tutti “democratico” e quello che è successo a Genova nel 2001 in occasione del G8 è una triste pagina di storia contemporanea europea.
C’era bisogno di fare un film? Non bastavano i processi, i fiumi di carta, la stampa, le migliaia di documentazioni audio-visive girate sul posto e che si possono trovare ovunque su internet? C’era proprio bisogno che qualcuno usasse il linguaggio del cinema per raccontare questa storia? La risposta è sì. Il cinema è spettacolo e quando lo spettacolo diventa denuncia, se fatto bene, riesce a scuotere qualcosa dentro di noi, che altri linguaggi non possono. Con la fiction si entra in empatia con i personaggi e si vive il racconto in maniera diretta, in profondità. Ci si sente parte di esso, vittima o carnefice, a seconda del punto di vista.
In questo film lo spettatore è vittima di una inaudibile violenza. Dalla sala non si può uscire con indifferenza, le immagini sono cruente, forti, il dolore delle manganellate si sente e fa male. Alla Diaz e poi a Bolzaneto in quei giorni sono venuti meno i fondamentali diritti della democrazia e le violenze perpetrate dalla polizia italiana sono alla base della denuncia di cui il film si fa portatore. Una docu-fiction che nasce dalla lettura degli atti processuali, dalle interviste ai manifestanti e alla polizia. E dalla locandina si capisce subito quello che viene denunciato, la frase è di Amnesty International: “La più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale” . Diaz - don’t clean this up: è la storia intrecciata di Luca (interpretato da Elio Germano), Alma (Jennifer Ulrich), Marco (Davide Iacopini), Franci (Camilla Semino), Nick (Fabrizio Rongione), Anselmo (Renato Scarpa), Etienne (Ralph Amoussou),Cecile (Emilie De Preissac) e Max (Claudio Santamaria) e centinaia di altre persone che incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001. I diversi livelli narrativi si intrecciano con diversi punti di vista e i personaggi si muovono nei luoghi fondamentali della storia, inconsapevoli di ciò che sta per capitare. La narrazione del film gira intorno ad un fatto marginale accaduto qualche ora precedente all’irruzione: qualcuno lancia degli oggetti, tra cui una bottiglia di vetro, su una pattuglia di ricognizione della polizia davanti alla scuola Diaz, e questo scatena tutta una serie di eventi che portano agli esiti estremi raccontati nei processi. L’intreccio, che è ben raccontato, la semiotica, che ha una correlazione simbolica ben calibrata e il cast di livello internazionale danno al film quel carattere europeo che purtroppo da anni manca al cinema nostrano.

Antonio Castaldo, Berlino

3 commenti:

  1. Ben riportati sulla carta stampata, anche se ritengo che fatti realmente accaduti di tale entità sarebbero da cancellare dalla mente umana
    per quanto riguarda la mia sensibilità, si può contestare con mezzi e modi diversi, per altri un monito, o un incoraggiamento a continuare.
    comunque tu hai fatto il tuo dovere nel narrare quanto hai visto, ma sono certo che non condividi questi orrori in una società civile.

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  2. Dimmi come si potrebbe condividere una cosa che non dovrebbe nemmeno esistere in una "società civile"

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  3. "Cancellare dalla mente umana" dici??
    La memoria è l'unica possibilità che abbiamo perché non si ripeta quanto accaduto (un altro esempio potrebbe essere quanto accadde durante la Shoah, fatte le debite proporzioni). Tanto più in un paese come il nostro, dove i responsabili più alti in grado sono stati facilitati nelle rispettive carriere, anziché essere destituiti dalle cariche che ricoprivano.. ..ma di cosa vogliamo stupirci, ormai?! Ogni giorno che passa emerge di più il marcio che c'è nelle nostre istituzioni.

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