26 dicembre, 2011

"Dall'altra parte". La malattia della Diversità


Dall'altra parte
Idea e sceneggiatura di Antonio Castaldo
Regia di Antonio Castaldo e Pierfrancesco Bigazzi
Fotografia di Rossano Dalla Barba
con Eleonora Angioletti, Ciro Gallorano, Biga Ion, Piero Matteini e Umberto Rossi

Antonio Castaldo
Un ragazzo (Ciro Gallorano) si muove lungo un viale. Si sente disperato, malato! Ma di cosa? Della Diversità. Quella diversità che è ancora più pesante di un male fisico o psicologico: la diversità è un malessere ancora più profondo e "astratto". Si muove, cammina con passo tranquillo/ansioso e, lungo il percorso, entra in contatto con una serie di visioni: un omosessuale (Biga Ion) seduto su di una panchina, un vecchio (Piero Matteini), una ragazza (Eleonora Angioletti), che lo guarda con occhi profondi; si scontra poi con una massa di persone che, correndogli addosso, quasi lo sovrasta. Una serie di visioni, una serie d'incontri che alimentano l'angoscia del personaggio che, alla fine, dopo un climax ascendente di sfogo, si trova al telefono per spiegare ancora il suo malessere, un malessere che però, finalmente, saprà superare: potrà finalmente vivere con la sua diversità!
Dall'altra parte
Questo è "Dall'altra parte" - proprio perché alla fine solo il saper riconoscere la propria diversità ci porta verso la salvezza - di Antonio Castaldo, un cortometraggio presentato mercoledì 21 dicembre al "Cinema Eden" di Arezzo in occasione della rassegna "Invisibili". Il corto è girato quasi interamente in bianco e nero e, solo nel finale, in cui il protagonista riesce a impossessarsi della sua vita e della sua diversità, il video simbolicamente si colora. "La paura rende prigioniero, la speranza può renderti libero": la scritta di apertura che appare sullo schermo, poi, dopo alcune immagini iniziali introduttive, il corto entra nel vivo, quando vediamo Ciro Gallorano camminare lungo il detto  viale - si tratta di quello della Facoltà universitaria di Lettere e Filosofia di Arezzo. Le immagini scorrono e nel sottofondo sentiamo la voce narrante dello stesso attore che con un monologo di grande intensità poetica e psicologica ci parla della sua condizione di "inetto", fino ad arrivare al punto della chiamata, dove termina la narrazione fuori-campo, mentre vediamo e sentiamo l'attore parlare al telefono cellulare, quando si è definitivamente svincolato dalle prigioni delle sue paure per liberarsi grazie alla speranza.
Questo è il primo lavoro cinematografico di Antonio Castaldo - regista nato a Napoli ma residente ad Arezzo - di cui già s'intuiscono le grandi capacità tecniche e, soprattutto, la facilità di trasporre i propri concetti interiori all'interno di uno schermo. Castaldo ha già altri ambiziosi progetti per il futuro e se continuerà su questa linea farà sicuramente molta strada.

Stefano Duranti Poccetti



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