22 dicembre, 2011

"Cuore di cactus". Partire o restare?


Martedi' 20 dicembre
Teatro Pietro Aretino di Arezzo
"Cuore di Cactus"
di Antonio Calabrò
con Fausto Russo Alesi
Regia e drammaturgia di Fausto Russo Alesi
Composizione ed esecuzione musiche di Giovanni Vitaletti
Assistente alla regia Maria Pilar Pérez Aspa

Lo spettacolo nasce dal libro omonimo di Antonio Calabrò (scrittore, giornalista e ora top manager del gruppo Pirelli) dove viene raccontata Palermo e la Sicilia attraverso le pagine di un piccolo grande giornale ( come lo chiama Calabrò ) L’Ora.
Il giornale dell’antimafia dove Calabrò ha lavorato fino a metà degli anni 80.
Fausto Russo Alessi ci guida all’interno della Palermo di Calabrò che con il passare dei minuti diventa anche quella della sua giovinezza.
Per quelle strade riecheggia prepotente una domanda: partire o restare?
(Una domanda che ancora oggi tormenta molti ragazzi non solo del Sud Italia).
Indossare un paio d’ali per volare in un cielo che ci sembra sempre troppo piccolo o restare e non arrendersi alla violenza e alle barbarie della mafia.
Calabrò vuole restare, si attacca pieno di speranza alla sua terra e usa le parole per combattere la sua battaglia. Con il passare del tempo i nemici si fanno sempre più forti e la paura rende silenzioso e inerme un popolo che abbandona i suoi eroi.
“I servitori dello Stato" cadono uno dopo l’altro, ci si conta durante i funerali con la paura di essere il prossimo. Tutto crolla con la morte di Antonino (Ninni) Cassarà commissario e poi vice questore aggiunto della Procura di Palermo. Troppo dolore per un “uomo" solo che decide di indossare le ali e volare verso Milano.
Un generoso Fausto Russo Alessi rievoca con precisione tutti i punti di questo viaggio, accompagnato magistralmente da Giovanni Vitaletti al piano. Un ulteriore conferma della sua bravura (nonostante una visibile influenza che lo tormenta per tutto lo spettacolo) portando sul palco la bellezza di una Palermo che non vuole essere solo mafia ma cultura e speranza di cambiamento. Una prova attoriale che diventa straordinaria quando descrive il fiume di sangue che attraversa Palermo negli anni ottanta e il funerale dell’amico Ninni.
Anche questa volta il pubblico aretino è rimasto vergognosamente a casa lasciando la piccola platea semi vuota. Per vedere un vero teatro ad Arezzo non mancano solo i soldi…

Michele Squillace

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