24 novembre, 2011

"Limite". Il re estenuato e traballante di Vincenzo Schino


Un cancello di ferro battuto, lo scheletro di un letto, tre attori con maschere di bambole deformi condizionati nei movimenti da pesanti costumi, uno sfondo raffigurante delle grandi figure umane dipinte. Scena oscura: siamo catapultati in un altro luogo, che però, come il regista Vincenzo Schino specifica, non è un mondo d’evasione né astratto. È un mondo, anzi, che si collega alla realtà e che dalla realtà parte per arrivare all’altrove. È la lotta tra l’astrazione e la materia, tra l’intangibile e il concreto, a portarci in questo universo parallelo. Difficile è raccontare lo sviluppo di uno spettacolo come questo: è piuttosto un “concerto”, termine dello stesso Schino, con continui crescendi e diminuendi, a far sì che la rappresentazione non arrivi mai a un qualcosa di compiuto, trascinandosi invece in un eterno sviluppo senza fine. Lo straniamento è così totale che non riusciamo a entrare in questo microcosmo neanche quando la quarta parete viene materialmente infranta dal basamento del letto, fatto scivolare fuori dallo spazio scenico verso il pubblico. Percepiamo un mistero alimentato dalla forza emotiva sprigionata nella messa in scena. “Limite” è infatti un lavoro d’impatto che suggestiona con la forza delle immagini, anche ispirate ai dipinti di Francis Bacon; con un’imponente musica ritmica che accompagna i movimenti delle figure; con la fisicità degli attori racchiusi irrimediabilmente all’interno di uno spazio da cui non possono fuggire. Interessante è il momento in cui i personaggi perdono la loro essenza di figure per divenire uomini mostrati, come anche nella pittura di Bacon, nella loro natura più bestiale, animale, carnale; corpi seminudi che grugniscono, si muovono a quattro zampe e lottano tra di loro. La conclusione di questa crudele lotta è segnata dal passaggio dall’uomo-bestia all’uomo-re, immerso nell’oscurità, con in testa una corona: re estenuato e traballante, simbolo di un’ambizione più sofferente che gioiosa. 

Stefano Duranti Poccetti (dal giornale del Kilowatt Festival, 24 luglio 2009)

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